Onestamente l’articolo avrei dovuto intitolarlo “non ho più l’età” ma non ho resistito alla citazione. E’ qualche giorno che non scrivo, una specie di piccolo blocco dopo un paio di giorni davvero creativi, la vena, si sa, quando non si è più ragazzini si esaurisce presto. Se poi si aggiunge una connessione scadente allora il quadro diventa completo.
Ma questo nomade qui non se ne è stato con le mani in mano, sia chiaro. Il caldo, la noia, la chiavetta che fa la matta, mica mi hanno fermato. Non sia mai. Continua a leggere Non ho l’età!
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Maratonda
“Eppur si muove!” Diceva qualcuno. Io potrei dire la stessa cosa delle mie gambe che a volte sono pesanti come piombo.
Ci provo, ci sto provando, ma a volte proprio non va! Ieri sera sono andato, come sempre a piedi, all’allenamento di rugby. Eravamo pochi, troppo pochi, perché nella città in cui vivo c’era una specie di maratona. Ora le chiamano Stra-Cittàinquestione, ma non mi riguardano. Sarebbero una buona scusa per fare un poco di fiato, ma non ho il fisico per fare chilometri e chilometri di corsa. Io sono un camminatore, uno che mette un piede dietro l’altro, un escursionista della domenica, ma non sarò mai un maratoneta.
No Pain No Gain
Si fa presto a dire “fatti due passi!”. E’ semplice come mandare qualcuno a quel paese.
Meno semplice è fare una teoria di vita su quella frase, e fare due passi ogni giorno che Dio manda.
C’è la pioggia, il vento, la nebbia, la neve, la pigrizia che sono barriere psicologiche e fisiche difficili da abbattere.
Io sto cercando di perseverare in questo mio intento di passeggiare, almeno un poco, tutti i giorni. Se posso esco anche con la pioggia, sfido il cattivo tempo, che in questi giorni si sta riproponendo come una peperonata, con una certa orgogliosa determinazione.
A volte esagero persino.
Oltralpe
Inizia tutto quando ci incontriamo al dopolavoro ferroviario.
Una masnada di uomini si incontra e fanno gli ultimi preparativi. Il viaggio è stato organizzato da tempo ma mancano gli ultimi dettagli. Per ultimi dettagli intendo le derrate alimentari per il tragitto che, in numero e quantità, superano di gran lunga quelle per una spedizione in Antartide. Non a caso, ancora prima di partire il primo salame e le prime bottiglie vengono immediatamente fatte fuori. Una bella partenza, per così dire. Continua a leggere Oltralpe
E’ il mestiere che entra!
Ieri ho fatto la mia seconda partita di rugby. Pur comprendendo come questo centri poco con l’argomento principe di questo blog, vi assicuro, che vale la pena parlarne. Non starò qui a fare la telecronaca dell’incontro, non è importante, mi piacerebbe parlare di quel luogo mitologico di cui tanto si vocifera. Il luogo ove ogni speranza cessa, dove i guerrieri trovano ristoro, dove vi sono canti o grida a seconda dell’esito dell’agone.
Lo spogliatoio. Continua a leggere E’ il mestiere che entra!
Chi gha vinto?
Fa bene Paolini a parlare del rugby.
Ci pensavo oggi mentre percorrevo, a piedi naturalmente, un percorso che faccio quasi quotidianamente. E’ circa di due chilometri e passa vicino a una grande strada trafficata. Un rettilineo di periferia che faccio tutti i giorni per tre motivi chiari e semplici; infatti alla fine della strada c’è un bar in cui posso bere un caffè veramente buono, leggermi in santa pace il giornale e fare lo splendido con le bariste Continua a leggere Chi gha vinto?
The wild side
Non è mica paura eh! Non è l’agitazione che mi fa pensare a traumi e fratture scomposte. E’, si potrebbe dire, la vita.
Lo so, è una frase fatta, una di quelle da cantautore moderno, da piazzista di parole. Ma a volte un caro vecchio luogo comune dà più certezze di un neologismo colto e profondo.
E’ la vita che mi ha portato a camminare sino a un dopolavoro ferroviario, e a chiedere, un mesetto fa, informazioni su un certo sport mai praticato. A fare un giro nel lato selvaggio, diciamo.
La via per andarci non è tra le più difficili, parliamo di una mezz’oretta a piedi, partendo dal posto dove abito. Ma si attraversano due ponti, uno su un fiume che pare il parente povero dell’Orinoco, l’altro sulla ferrovia. Sono forse i due unici ponti della città in cui vivo e ammetto che mi piace camminare sopra di essi. Sono scoperti, l’aria ci passa e si può sentire il vento oltre i rumori tipici. Soprattutto sopra il secondo, in uno slancio infantile, mi piace anche molto aspettare i treni e vederli passare. Lo so è assurdo. Dopo questo ponte c’è una piccola rampa che porta a un marciapiede piccolissimo spaccato da alberi tristi ma fortissimi, e si conclude in una discesa ripida che porta a un cancello divelto.
La prima volta che sono andato lì pioveva e viale era pieno di fango e legni rotti. Un pantano infame. Mi sono incontrato con alcune persone e ho chiesto, mi hanno detto di tornare il venerdì o il mercoledì successivo, ho chiesto di cosa avevo bisogno e poi gentilmente ho salutato e me ne sono tornato sui miei passi.
La settimana dopo ero da un fisioterapista. Pazienza, succede. Ma la vita mi ha portato a continuare a insistere, senza ottenere troppi risultati, e all’attuale stato emotivo.
Take a walk in the wild side, cantava quello, e io ci sto provando. Ma non è facile, non lo è affatto. E così quella strada semplice, non troppo complicata, mi ha portato tra fango, sudore e dolorini vari, attraverso un campo da rugby.
Ho fatto tutti gli allenamenti che ho potuto fare, mi sono guardato le regole, che ancora non capisco, e a quanto pare sabato avrò la mia prima partita.
Non ho mica paura eh, ma se domenica non scrivo sapete bene il perché! E potrete dire anche voi “è la vita!”