Oggi sono tornato a casa dopo qualche giorno passato in Liguria. E’ sempre una sofferenza staccarsi dalle terre natie per tornare a Mordor… cioè in Piemonte.
Siccome sono un nomade vero prendo il treno e in stazione ci vado con lo zaino da trekking , quasi partissi per chissà quale viaggio. Faccio la faccia seria, guardo tutti come se andassi alla conquista dell’Everest e cammino a passo spedito, batto persino la cadenza militare nei momenti peggiori! E’ una finta, lo so bene, ma garantisce il posto singolo sui regionali, e quindi poter stendere le gambe, ed è un ottimo refrattario per gli attacca bottone. In altri tempi, lo ammetto, ero meno orso!
In genere dormo come un cane in treno: metto le cuffie, una playlist selezionata, e mi spingo un cappello sugli occhi ma oggi , va a sapere perché, di dormire non mi riusciva. Passo le stazioni, una per una, alla fine tolgo anche gli auricolari, quasi dessero fastidio. Mi gratto barba e testa non comprendendo il disagio e mi preparo al tedio del viaggio in solitaria.
Poi una voce, un canto, intonato, leggero, divertito.
Una ragazzina prende a cantare la canzone che gli rimbomba nelle orecchie a voce alta, senza urlare però.
Il volto del controllore diventa una maschera di indecisione tra il dovere e il piacere, la vecchia alla mia destra biascica qualcosa sul duce, presumo, le amiche della ragazza arrossiscono , e lei? Meravigliosamente canta per qualche attimo ancora rendendo il regionale Genova- Alessandria , per un istante, un palcoscenico surreale.
Avrei dovuto applaudire, lo so, ma da buon genovese mi sono goduto lo spettacolo gratis!
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The lion sleep tonight
La canzoncina la si conosce un poco tutti, in italiano o in inglese. E’ allegra ma dice una profonda verità: ai leoni piace riposare. Quando vedi i documentari c’è sempre l’immagine del branco di felini che sonnecchiano pigri sotto un baobab o qualche altra pianta africana.
Perché i leoni sono svegli anche se dormono un sacco.
I leoni sanno che, con il caldo è meglio starsene all’ombra, accoccolati sull’erba fresca a sbadigliare e a mettersi in posa per i giornalisti del national geografic.
I leoni sono sicuramente più svegli di me che devo , di nuovo, prendere un treno e andarmene in terra ligure, invece di gustarmi la frescura della mia casetta in terra piemontese, Continua a leggere The lion sleep tonight
Nani e Giganti
Sono tornato, per un week end, nella mia città natale; ovverosia la superba Genova. Prendo il treno per scendere, perché mi costa meno, perché mi piace andare sui vecchi regionali dai sedili comodi. Il percorso è sempre quello per arrivare in stazione : attraverso un ponte, costeggio una via piena di platani ed eccomi li nella sede locale delle ferrovie dello stato. Volevo scendere presto, arrivare per pranzo, ma il destino, a volte bizzarro , ha messo sulla mia strada una bigliettaia che, lasciato il posto di servizio si era appropriata della cassa automatica. Personalmente ci metto trenta secondi a fare qualsiasi biglietto io abbia bisogno, evidentemente lei non era altrettanto brava anche perchè dopo ogni utilizzo lavava il vetro della macchinetta. Risultato? Ho perso il treno e ho dovuto aspettare un oretta in stazione. Continua a leggere Nani e Giganti
Orient Express
A questo nomade qui piace molto andare in treno.
Trovo confortante il lento rollio dei vagoni e alcuni dei più bei pisolini li ho fatti sulla strada ferrata. Ho dozzine di ricordi da scompartimento: ho viaggiato per amore, per lavoro, per turismo.
Da ragazzino collezionavo i biglietti per tenere una precisa contabilità di quanti chilometri facevo all’anno. Ho ancora quella collezione da qualche parte.
Una volta i biglietti non avevano le avvertenze sul retro ed erano splendidi fogli bianchi su cui scrivere, disegnare, segnarsi i numeri di telefono. Poi sono arrivati gli idioti e hanno dovuto mettere indicazioni del tipo : non usate il biglietto per fare aeroplanini, vidimatelo che sennò non vale, non usartelo per farne filtri durante il viaggio, almeno.
Due ore e quarantacinque minuti
Potrei iniziare raccontando la storia della mia famiglia, parlarvi di mio nonno, delle sue peregrinazioni in terre anglofone, di come sia tornato e abbia costruito, nel lontano 1911, una casa abbastanza grande da ospitare una famiglia davvero numerosa. Potrei, ma non lo farò, almeno questa volta.
La casa, tuttavia, esiste ancora e, di recente, abbiamo iniziato a fare qualche lavoretto di restauro alle strutture sanitarie della stessa.
Questa è la ragione per cui, di giovedì, ho dovuto scendere in campagna per stare un poco dietro a questa ristrutturazione. Continua a leggere Due ore e quarantacinque minuti
Oltralpe
Inizia tutto quando ci incontriamo al dopolavoro ferroviario.
Una masnada di uomini si incontra e fanno gli ultimi preparativi. Il viaggio è stato organizzato da tempo ma mancano gli ultimi dettagli. Per ultimi dettagli intendo le derrate alimentari per il tragitto che, in numero e quantità, superano di gran lunga quelle per una spedizione in Antartide. Non a caso, ancora prima di partire il primo salame e le prime bottiglie vengono immediatamente fatte fuori. Una bella partenza, per così dire. Continua a leggere Oltralpe
Valigie e beauty case
Un viaggio è alle porte.
Devi andare in terra di Francia a mostrare muscoli e stomaco. Sei nervoso, è ovvio, è il tuo primo viaggio fuori dai confini nazionali da un bel pezzo a questa parte.
Ti sei svegliato presto, come al solito, il tuo primo pensiero è stato di dover fare una lavatrice e l’hai azionata, diamine, ancor prima di mettere su il caffè. Senti la centrifuga andare mentre osservi la tua valigia rossa. Continua a leggere Valigie e beauty case
Cronache marziane
Una bella domenica di aprile ti svegli presto, troppo presto, stiri la tua camicia rossa preferita, indossi i jeans, una giacca blu ed esci di casa. Cammini ignorando il dolore alla spalla sinistra, sospetti un infartino, te lo meriteresti pure, ma dopo aver guardato su Google ti convinci che sono solo i postumi di un sonno agitato. Sei in anticipo, come sempre, ma hai un buon libro che ti fa compagnia e ti siedi a leggere. L’appuntamento è alle dieci meno un quarto e tu sei tutto pronto e preparato. Arrivano i primi, saluti, e organizzi per andare su con loro. Una veloce colazione e sei sulla strada che ti porta a destinazione, con il sospetto di aver lasciato il ferro da stiro acceso. Ma non importa, stai per andare su Marte.
Ovviamente non sto parlando del pianeta ma di una fiera, per la precisione la fiera del fumetto di Torino.
Arrivi incontri altre persone che conosci, fai due chiacchere guardi i giovani che, in un eterno carnevale, si vestono come i loro eroi dei fumetti e sorridi rendendoti conto che, senza volerlo, sei vestito come Dylan Dog, meno male non aver il phisique du role adatto sennò saresti davvero imbarazzatissimo. Fumi una mezza sigaretta, paghi il biglietto ed entri sorridendo alla tua prima fiera da un bel pezzo a questa parte.
E il posto lì per lì non ti delude, ti pare ci sia tutto. Ci sono stand di giochi, di fumetti e di amenità nipponiche. Ci sono cosplayer interessanti, altri che palesemente si sopravvalutano. Un sacco di persone vestite da Joker di Batman in tutte le sue reincarnazioni. Bello, pensi tra te, e inizi a far foto.
La prima ora è piacevolissima, passeggi tra le bancarelle e valuti dove spendere i tuoi soldi, incontri altre persone che conosci, continui il giro. La spalla sinistra continua a far male, malissimo, ma tanto tu sai perché sei lì e fingi di avere qualche secolo in meno. Non che sfiguri, ci sono attempati che ti fanno sembrare un giovincello, e alcuni, sono pure mascherati.
Ma è come essere su un pianeta autonomo, come essere in un’altra dimensione dove tutto sembra è reale. Ci sono le macchine della tua adolescenza, da Kit di Supercar a quella di “Ritorno al futuro”, ci sono i Ghostbuster che ballano al suono della loro canzone, dopo aver licenziato quello di colore, c’è persino un vero e proprio labirinto dove sfidare avversari con spade finte. E’ bello, ma gli esperti del settore dicono che è in calo. A te non sembra, ma tanto sei li mica per fare il finto giovane.
Ammazzi il tempo e poi vai a iscriverti a dei workshop di illustrazione e grafica, di sceneggiatura e, alla fine, passi lì gran parte del tuo tempo. Non mangi neppure e ti sazi di cultura.
Il tempo vola come in un viaggio iperspaziale, è già tempo di tornare a casa. Ti dai l’appuntamento con gli amici, loro sì che se la sono goduta la fiera, hanno pacchi di roba, sono esaltatissimi e tu, che fai lo splendido con i tuoi laboratori sembri un poco un alieno.
“Sei riuscito a non spendere anche questa volta?”
“Si!” è la risposta soddisfatta, ma ci fai la figura del taccagno genovese.
La serata finisce con un negroni e due cosine da mangiare e poi ti addormenti spossato, dopo aver staccato il ferro da stiro.
La mattina dopo sei ancora con il tuo mal di spalla e sei così pigro da andare a prendenti il caffè al bar. Arrivi, saluti la barista, che ti conosce per nome, ordini la tua colazione e prendi in mano il giornale. Guardi se hanno scritto qualcosa sulla fiera, guardi se c’è un articoletto un trafilo ma nulla, niente manco una nota a piè pagina. E la domanda sorge spontanea
“Non è che sono davvero andato su Marte?”
These boots are made for walking!!!

Era la cara signorina Nancy Sinatra, figlia di Frank e quindi mezza ligure pure lei, che cantava , nel lontano 1966, questo bel pezzo di musica. Continua a leggere These boots are made for walking!!!